La questione ambientale in Italia e i recenti sviluppi legati al mondo del lavoro e della produttività
Recentemente si sta affrontando nelle varie nazioni in maniera più serie della questione ambientale. Per seriamente intendo dire che si parla anche di soldi ed interventi normativi. In Italia per esempio, nonostante gli avvisi di tantissimi scienziati da decenni, si è magicamente scoperto nell’opinione pubblica che i ghiacciai si stanno scegliendo sulle Alpi (vedi Corriere) ed “ogni anno si perdono 75 mila metri quadrati di spiagge” (La Stampa).
Qualcuno si chiederà: perché proprio ora i governi si stanno attivando? Il motivo è semplice, vedono che c’è un reale interesse nella popolazione che potrà essere utilizzato come bacino elettorale.
Alla fine i politici sono rappresentanti della popolazione (così funziona la democrazia) e se vedono che un tema è di moda allora lo cavalcano per convertire queste questioni e temi in voti.
Opportunismo? No, democrazia. Funziona così, per una volta si sta realmente affrontando una questione importante e forse dobbiamo ringraziare quelle persone che hanno protestato quel Venerdì 27 Settembre del 2019, raggiungendo circa un milione di persone tra le varie manifestazioni in Italia nelle varie città (Fatto Quotidiano), oltre all’attenzione mediatica ricevuta dai giornali, televisioni e anche i canali digitali.
Politiche ecologiche oltre lo Stato, il ruolo delle imprese
In realtà le imprese che presidiano il territorio hanno una cognizione molto più ampia circa le problematiche ambientali, soprattutto quelle legate all’ambito agricolo.
Lo fanno perché sono “buoni samaritani”? In parte.
Sicuramente esiste una visione etica e di valori di molte aziende che nascono con dei paletti ben precisi. Non tutti gli imprenditori sarebbero disposti a versare i propri rifiuti, approfittando dell’ambiguità dello Stato e alcuni servizi di smaltimento legati ai business della criminalità organizzata.
Vediamo i dati: aziende italiane « green sono 355mila, ossia il 27,1% del totale (quota che sale a 33,8% nell’industria manifatturiera); e sempre all’economia verde nel 2017 si devono 320.000 green jobs, pari a circa il 40% del totale dei nuovi posti di lavoro» (La Stampa).
Il fenomeno dell’attenzione alla filiera produttiva o standard energetici è influenzato direttamente dalle normative europee che sembrano “creare problemi”, ma in realtà salvaguardano l’ambiente e i diritti dei cittadini.
Sicuramente certe volte potrebbero osare di più, ma impongono degli standard minimi a cui ogni Stato può decidere liberamente di aggiungere valore, ossia rendere le norme più stringenti con valori più rigidi e tutelanti verso la propria popolazione.
Non basta una tecnologia green per risolvere il problema, va usata dalle persone.
Domanda da recruiter “cattivo”:
Quando è stata creata la macchina elettrica?
Difficile dare una risposta precisa, ma molti di voi sbaglieranno di brutto. Proprio il secolo! La prima “carrozza” elettrica nasce intorno al 1834 per l’ingegno l’imprenditore scozzese Robert Anderson. Ben prima dell’Unità d’Italia e delle Guerre Mondiali. Sono nate effettivamente prima di quelle a benzina. Per chi volesse approfondire SicurAuto.
Eppure sembra una novità di questi giorni, anzi molti dubitano ancora che possano realmente affermarsi come normalità (cosa che penso e spero avverrà presto, visto i trend e le scoperte recenti sulle batterie). Lungi da me da aprire un dibattito su questo tema tecnico.
Il senso del discorso è che non basta creare una tecnologia affinché si diffonda e possa dare benefici alla società. L’auto elettrica lo insegna bene, essendo nata nel 1834.
Le macchine elettriche esistono da 185 anni eppure ancora non le stiamo adottando in massa. Com’è possibile? Semplicemente non ci si informa e non si ha consapevolezza dell’influenza dei consumatori.
Ricordate il discorso fatto prima dei politici che vogliono convertire i cittadini sensibili alla questione ambientale in voti per le elezioni? Funziona in modo molto simile anche per le imprese, solo che invece di convertire questa sensibilità in voti, la vogliono convertire in clienti e consumatori dei propri prodotti.
Io imprenditori produco in modo ecologico, lo comunico in modo adeguato (sito internet, marchi ecolabel, certificazioni, pubblicità, campagne di raccolte fondi ecc.). La persona compra il mio prodotto o servizio, perché così si sente appagata di consumare senza fare un danno eccessivo all’ambiente o non impattando proprio. Credetemi che questo è un “segreto di pulcinella”.
La consapevolezza dei cittadini aiuta una politica green e le imprese sostenibili
Lo smart working ha notevoli benefici per tutte gli attori coinvolti direttamente ed indirettamente nel mondo del lavoro. Ho scritto un appello gli imprenditori (Linkedin)in cui elenco nello specifico i benefici con molte ricerche a supporto.
Prendendo consapevolezza di questi benefici, iniziano a diventare uno dei motivi per cui una persona decide o meno se andare lavorare in un’azienda. Si veda il rapporto di Randstad.
Questo vale soprattutto per chi già lavora e sta pensando di cambiare lavoro. In Italia questo avviene con difficoltà perché molti manager invece di stimolare i propri dipendenti coinvolgendoli, li maltrattano e gli fanno credere che “non sono buoni a niente e devono ringraziare di avere quel lavoro e che nessuno li assumerà mai ecc”, anche se magari hanno profili “super” e lavorano per prestigiose multinazionali con tanta esperienza e competenze. Il risultato di questo atteggiamento? Manager che non ottengono i risultati e lavoratori infelici e demotivati che lavorano di meno e male.
Abbiate il coraggio di mettervi in gioco e cambiare se siete infelici. Può sembrare dura e lo è, ma l’uomo deve ricercare la propria serenità altrimenti sprecherete l’unica risorsa essenziale che non si può comprare: il tempo.
Bisogna iniziare a scegliere le aziende in base alla presenza o meno dello smart working, chiederla ai colloqui, fare post e chiederla al personale in modo collettivo (raccogliete le firme di tutte le persone che lo vorrebbero). Fatelo per voi, le vostre famiglie e per l’ambiente. Questo vale sia come lavoratori che come consumatori dei servizi o beni.
Un semplice esempio:
Vorreste comprare una maglietta, sapendo che quel materiale ha distrutto migliaia di alberi per qualche motivo? No. Ci lavoreresti? Probabilmente no. Se non vi ponete le giuste domande, difficilmente arrivano risposte giuste.
Dario Tatangelo
Co-founder e Direttore per lo Sviluppo Professionale
ENTD – Ente Nazionale per la Trasformazione Digitale
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