Il turismo è il settore economico più colpito dall’emergenza sanitaria del Coronavirus. Sono a rischio sia migliaia di posti di lavoro sia la continuità delle imprese del settore, costrette a ridimensionare il core business. Cambia il paradigma economico e diventa necessario investire sul digitale per ripensare l’organizzazione dell’impresa. C’è la possibilità che molte realtà economiche siano costrette a chiudere per rispettare le misure di prevenzione e di contenimento del contagio del Coronavirus. È una situazione che deve essere risolta con opportuni provvedimenti che soltanto il digitale può essere in grado di fornire. Pensiamo soltanto alle diverse app che si potrebbero realizzare (alcuni imprenditori già adottano simili soluzioni) per lavorare in sicurezza e permettere agli imprenditori di continuare a lavorare. L’Istat fotografa una situazione preoccupante a cui è necessario dedicare un’adeguata riflessione. Sono i numeri a delineare il futuro del turismo.

Diminuzione delle presenze turistiche

L’arresto dei flussi turistici a partire dal mese di marzo 2020 ha azzerato un’attività che proprio nel trimestre marzo-maggio vede la sua fase di rilancio stagionale, favorita dal susseguirsi di occasioni tra le festività pasquali e la Pentecoste (rilevante soprattutto per l’afflusso estero). È fondamentale capire quale sia la dimensione della perdita associabile a questo periodo, facendo riferimento alla situazione economica del 2019. «Nel trimestre marzo-maggio 2019 – si legge nel documento dell’Istat – si sono registrate in Italia circa 81 milioni di presenze turistiche, pari al 18,5% del totale annuale. La media europea nello stesso trimestre è leggermente superiore (20,9%) perché tiene conto delle percentuali, più alte rispetto all’Italia, di alcuni paesi come la Germania (23,5%), il Regno Unito (22,5%) e la Spagna (22,4%), dove la distribuzione del turismo nell’arco dell’anno è meno caratterizzata dal picco della stagione estiva. La composizione della domanda di turismo in Italia indica che nella stagione primaverile la clientela estera è (con il 56% delle presenze) più rappresentata che nel resto dell’anno. Quanto alla tipologia di alloggio, a primavera le strutture alberghiere risultano di gran lunga le preferite, con una quota significativamente superiore a quella annua (70,6%). Nel complesso, in questo periodo si concentra il 20,3% delle presenze annuali nelle strutture alberghiere e circa il 23% delle presenze di clienti stranieri, a conferma dell’importanza di questo trimestre per il settore alberghiero e turistico. Gli alberghi a 4 e 5 stelle sono gli esercizi ricettivi nei quali le presenze del trimestre raggiungono la quota più elevata rispetto al totale annuo (22,3%): contrariamente alle strutture extra-alberghiere che, tra marzo e maggio, non vanno oltre l’11% delle strutture open air e il 19% di B&B e altri extra-alberghieri».

Impatto economico

È interessante osservare l’impatto economico dovuto alla drastica riduzione dei flussi di turismo che proviene dai dati sulla spesa turistica effettuata negli scorsi anni dagli stranieri, la cui misura arriva dall’indagine del Turismo Internazionale della Banca d’Italia. «Nel 2019, la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia – si legge nel documento della Banca d’Italia – ammonta a circa 44,3 miliardi euro; al suo interno la componente più consistente è quella per i servizi di alloggio, che ne rappresenta circa la metà, seguono la ristorazione con oltre un quinto del totale e, con quote inferiori, lo shopping e il trasporto. Considerando il solo trimestre marzo-maggio del 2019, tale componente è risultata pari a 9,4 miliardi di euro. Quest’anno, nello stesso periodo, la quasi totalità del normale flusso di spesa effettuato da viaggiatori stranieri è destinato a risultare nullo. L’importanza della clientela straniera in questo periodo dell’anno è confermata anche dai dati di flusso della spesa turistica annua nella situazione pre-crisi: essi mostrano, tra marzo e maggio, un’incidenza della componente straniera (circa il 21,4% del totale annuo) significativamente più elevata di quella domestica (vicina al 16% sulla base di stime tratte dall’indagine su Viaggi e Vacanze)».

Situazione dopo il Covid-19

Una delle questioni cruciali per il settore turistico è rappresentata dall’attuale crisi, provocata dal blocco necessario per contrastare l’emergenza sanitaria, ormai destinata a perdurare anche nel prossimo futuro. Per valutare questi aspetti è importante conoscere le dimensioni del tessuto produttivo. «Dal Registro esteso sulle imprese “Frame-SBS”, che contiene dati individuali su tutte le imprese industriali e dei servizi attive nel nostro paese (circa 4,4 milioni di unità) – si legge nel Documento – emerge che, nel 2017, il settore ricettivo in senso stretto è composto da oltre 52 mila imprese, di cui quasi 24 mila operanti nel comparto alberghiero e quasi 27 mila in quello degli alloggi e altre strutture per vacanze; completano il quadro circa 2 mila imprese attive nel campo dei soggiorni all’aria aperta. Questo insieme di imprese impiega quasi 283 mila addetti, di cui 220 mila dipendenti; la componente degli alberghi è del tutto prevalente in termini di occupazione (75% degli addetti). Dal punto di vista del risultato economico il comparto ricettivo registra un fatturato di 25,6 miliardi di euro, a cui le imprese alberghiere contribuisco per 20,1 miliardi. Un altro comparto del tutto dipendente dalla domanda turistica è quello dei servizi delle agenzie di viaggio, tour operator e servizi di prenotazione: oltre 17 mila imprese, che impiegano circa 50 mila addetti e hanno fatturato 12 miliardi di euro nel 2017».

Francesco Fravolini