Per troppo tempo molti imprenditori hanno preferito sfruttare il basso costo la forza lavoro con anche casi di abusività disumana, creando i nuovi schiavi del 1900 e i poveri che lavorano full time. Per fare i furbi non hanno visto il mercato e non hanno minimamente capito che questi mezzucci funzionano nel breve periodo, ma non risolvono i problemi di competitività. Anzi questi atteggiamenti “razionali” nell’immediato spesso risultano molto dannosi nel medio e lungo periodo.
Dobbiamo riflettere sulle parole. Nella varie lingue del mondo la parola “furbo” ha una connotazione negativa, solo in italiano ha un valore positivo. La furbizia è un danno alla mentalità italiana, perché crea disvalore, non è etica e ti brucia la reputazione aziendale o professionale. Puoi ingannare un cliente, ma poi quando avrai ingannato 4 clienti, uno ti fa la recensione e lì sei danneggiato.
Questo atteggiamento ha alimentato uno stereotipo negativo per cui la ricchezza è figlia dell’essere parassiti o volere “fregare o sfruttare le persone”, riprendendo una consolidata visione della ricchezza imprenditoriale che è figlia dell’opulenza del clero ai tempi del Regno d’Italia e i proprietari terrieri (baronaggio ecc.) che oggi ben lontani dalla realtà di molti imprenditori italiani del 2020.
Molti di questi imprenditori padroni e chiusi mentalmente infatti hanno chiuso o chiuderanno a breve mantenendo questo approccio. Il mercato non aspetta nessuno, figuriamoci in fasi di transizione rivoluzionaria legata allo sviluppo di nuova tecnologia disruptive. Basta pregi individuali e difetti collettivi e scarica barile.
Incompatibilità italiana con la rivoluzione industriale?
Quando parlo di rivoluzione industriale intendo un fenomeno ampissimo che riguarda sia il mondo del business sia quello della quotidianità delle persone.
Per farvi capire il livello di evoluzione faccio un riferimento alla quotidianità: mio padre (nato a metà degli anni 50) pensionato ex impiegato statale: lui quando era giovane ascoltava la musica tramite gli LP, nel 2020 lui ascolta la musica da 3 fonti diverse: Youtube, Alexa e bot Telegram.
Come vedete non esiste un’età in cui si smette di imparare. Il problema è culturale. L’Italia ha un’età media di 45 anni, ci sono molti paesi con età medie simili come la Germania e il Giappone e sappiamo perfettamente quanto siano molto più tecnologici di noi.
Si apprende solo da giovani?
“L’articolo “Old dogs new tricks” apre una riflessione sul tema e, ribaltando il vecchio detto inglese secondo cui non si possono insegnare giochi nuovi ai cani vecchi, dimostra come anche da adulti le capacità di apprendimento possano rimanere molto alte, se esercitate costantemente.
Gli studi parlano chiaro: le performance cognitive iniziano il loro declino già a venti anni.” (qui).
Cosa cercare nel mercato? Ricetta magica per un dream team?
In un mondo che si sta rivoluzionando davanti a noi tutti possono dunque dare il proprio contributo a priori della generazione a cui appartengono.
Prima caratteristica che si deve ricercare nei proprio dipendenti è la curiosità e motivazione, non l’età o la residenza geografica o l’aver fatto l’Università in un certo Ateneo.
I nuovi manager devo essere dunque curiosi per qualcosa che è nuovo e non è stato ancora scritto. La teoria serve, ma è la voglia di sperimentare che crea la qualità e risultati nelle performance lavorative. In pratica la curiositas elogiata sempre da Seneca che torna a supporto del management.
Riuscire a proiettare se stessi verso un futuro. La figura del manager ed imprenditore deve essere quella di uno sperimentatore che cerca di trovare e testa le sue idee, ascoltando il parere degli altri e responsabilizzandoli a dare un contributo per l’obiettivo comune dell’azienda.
L’intuito è importante? Meno di quello che pensiamo, non tanto come lo hanno mitizzato nel secolo scorso con risvolti spesso tragici, prepotenti e anti-economici perché padronali. Una distorsione nell’uso del concetto di rischio di impresa.
Basta con questa mitizzazione degli imprenditori come oltre-uomo. Non è vero, non ha senso e coloro che la seguono fanno guai.
L’imprenditore come figura di padrone è morto.
Il mercato ha creato la bara e pure i chiodi per chiunque porti avanti quei valori di arroganza e gestione assolutistica del potere. Io ho rischio di impresa, io decido tutto? Bara e chiodi sono pronti e arriveranno tra i 5 e i 10 anni, ad essere ottimistici.
Cosa significa usare un management padronale?
Usi una logica padrona se:
1 il potere è in mano solo ad un gruppo ristretto;
2 Hai un sistema aziendale gerarchico in cui i vertici in nome del rischio di impresa impongono scelte non basate sui dati e non condivise da chi deve eseguire le scelte imposte;
3 Ha paura che i proprio dipendenti vogliano fregare l’imprenditore, dunque non li forma perchè ha paura che se ne vadano non appena superino l’essere trattenuti sulla base della prepotenza, svalutazione del valore dei propri dipendenti ed attacco all’autostima dei lavoratori.
Uno dei problemi del precariato italiano non è che i lavoratori non vogliono essere flessibili e cambiare azienda se vivono male l’ambiente, ma hanno paura di non ricollocarsi perché le aziende non li formano in quanto vecchie e padronali nel modello di gestione. Le aziende peggiorano, perché hanno risorse umane non più al passo con il mercato e che dunque creano prodotti e servizi non più competitivi.
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