Un trend che pure avrebbe senso e bisogna osservare bene circa le risorse umane è la gamification. Una rivoluzione industriale a sè con trend ancora in crescita. La gamification è l’uso del videogioco nelle aziende, per alimentare ed innescare processi in ambiti diversi utilissimi per le risorse umane.
Facciamo prima un elenco degli ambiti di applicazione e poi li vediamo in modo più ampio.
Lo si può usare per:
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talent acquisition,
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recruitment,
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training,
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perfomance management.
Talent acquisition e gamification.
Il gaming è un trend generale e il suo utilizzo attrae le figure “innovatori”, che sono coloro che trainano il mercato. In generale è percepito come più scientifico dai candidati ed è interessante e da testare. Crea proprio engagment positivo verso l’azienda se il processo di selezione viene gestito alla luca di quella logica che abbiamo definito nudità, la quale deve spingerci ad attuare processi della gestione del cliente nei riguardi di coloro che sono in quel momento candidati. Il momento è cruciale, perchè rischi di perdere un cliente e creare un persona che giustamente che ti farà una recensione se l’esperienza è sgradevole. Il momento della ricerca del lavoro è un momento fortemente emotivo, perchè carico di speranze ed angoscie. I colpi di testa e la cattiva gestione di questo processo possono rivelarsi estremamente pericolosi per l’azienda stessa.
Aziende come gli hotel e ristoranti lo sanno bene, in quanto anche loro vivono una situazione fortemente esperenziale ed emotiva. Stessa logica. Quanto tempo ci metterà per diventare comune fare recensioni post colloquio nel mondo e in Italia? Qualcuno è ancora convinto che cercare lavoro su internet sia una moda e che il sistema delle recensioni non possa aggredire il mercato del lavoro? Questo fenomeno è già reale, con ottima probabilità crescerà visto il trend negli ultimi anni.
Recruitment e gamification.
I vantaggi sono essenzialmente sulla possibilità di misurare meglio le competenze soft e tecniche. Individuando tecniche di test che diano dati attendibili e misurabili, per prendere scelte consapevoli. I processi sono anche automatizzati e pensati per fornire report, bisogna solo imparare a scaricarli e leggerli. La loro produzione è stessa nel software. Sempre circa il rapporto tra recruitmente e gamification, non nascondo che non sarei stranito di vedere headhunter (famosi cacciatori di testa) utilizzare le community comune intorno ai videogiochi per divertirsi e lavorare insieme, ossia trovare talenti specialmente nel settore IT che sono i più difficili ed ambiti.
Che una conferenza di uno dei videogiochi più giocati al mondo possa avere tra le sue fila più talenti dei campi da gof? Il mondo evolve in modo rapido.
Training e gamification
Il videogioco può essere utile per l’addestramento e la formazione del personale. Sia con giochi per le soft skills, ma anche con la creazione di simulatori per le competenze operative o tecniche. Il livello di raffinatezza di un videogioco l’hanno consacrato a forma di comunicazione ed arte a tutti gli effetti.
Non è la prima volta che una forma artistica diventa un riferimento per migliorare tecnicamente un team. Un esempio è stato il film italiano: La battaglia di Algeri di Pontecorvo del 1966. Film usato da eserciti regolari per formazione. “Al Pentagono ancora nel 2002 il film veniva riproposto in visione agli alti gradi con un volantino che esordiva:<<Come vincere una battaglia contro il terrorismo e perdere la guerra sul piano delle idee… ” ( Robert Fisk, Cronache mediorientali, 1ª ed., Il saggiatore, collana Nuovi Saggi, 1180 pagine, copertina rigida, 9 novembre 2006, pag 1068, ISBN 8842811696. ). Il videogame a questi livelli di costruzione delle storie è una forma di arte.
Inoltre sempre in relazione alla formazione sicuramente può servire anche per specifiche attività di sviluppo di attività relazionali e di gruppo. Il video gioco è ormai considerato uno sport digitale in molti casi viene usato il termine e-sport. Quindi ha proprio la stessa valenza dello sport per esempio nel rafforzamento del team bulding e spirito aziendale.
Perfomance management e gamification.
La relazione ricalca in maniera molto similare alla misurazione delle skill nella fase di selezione. Infatti si possono effettuare test tramite il videogioco ai dipendenti, per capire il fabbisogno aziendale. In pratica si tratta di creare delle soluzioni con gli strumenti innovativi messi a disposizione per favorire la crescita e la competitività del dipendente, affinchè riesca ad essere più produttivo per l’azienda ed impattare sui fatturati. Questo tipo di formazione ha bisogno di misure oggettive di misurazione e che siano confrontabili nel tempo. Per questo la gamification è molto utile, perchè produce dati misurabili su precise competenze che abbiamo individuato e ci permette di confrontare i risultati di una stessa persona con altre o nel tempo per lo stesso giocatore. Inoltre ci sarà anche una maggiore propensione a percepire come utili questi test, piuttosto che come tempo “Perso” per far fesso e contento la dirigenza. La formazione spesso in Italia è vista così, perchè è imposta dall’alto e usa modalità vecchie e poco interattive.
L’accettazione del videogioco come sport a tutti gli effetti rende la fase di formazione, colloquio e valutazione delle perfomance un momento ludico e che segue logiche molto positive tipiche del mercato dell’intrattenimento.
Guardiamo i dati mondiali degli ultimi anni: Sono oltre 2,3 miliardi i videogiocatori. Vuol dire il 33% degli abitanti della Terra. (qui https://www.rudybandiera.com/giocare-non-e-un-gioco-0218.html ).
Questo per dire in maniera provocatoria che se qualche azienda IT avesse bisogno di un manager con profili IT non sarei sorpreso se un abbondamento di un tot di euro all’anno ad un gioco rendesse quel tipo di proposta stranamente interessante. L’attrativa aziendale partirebbe dalla creazione di un rapporto iniziale a forte connotazione empatica. La potenziale creazione di una relazione con una persona legata alla condivisione e rispetto degli interessi comuni. Inclusività del diverso, senza la paura del confronto. Essere diversi nelle aziende significare essere più collaborativi e dunque competitivi.
Pensate che ho visto perfino già le community aziendale. Recentemente ho avuto il piacere di leggere questo post del Presidente Pasquale Aiello su LinkedIn.
Cosa leggo genuinamente? C’è una community LinkedIn e una di Amazon da utente, da azienda cosa vedo? Pubblicità al marchio, team bulding, competizione positiva, network.
Immaginare l’ufficio come quel posto angosciante da film di Fantozzi è uno stereotipo che dobbiamo affrontare mettendoci in gioco come classe dirigente, che preferisco come termine rispetto “manager”. Dirigente, colui che dirige e dunque ha responsabilità e visione della direzione da dare al gruppo.
Una figura responsabile per il bene dei propri dipendenti e quello dell’azienda se segue etica, business e dati troverà la propria strada in armonia.
Bisogna superare i proprio pregiudizi, studiando i dati e capendo come muoversi sperimentando. Per fare questo meglio il ruolo del dirigente avviene responsabilizzando chi sta in azienda con modelli circolari e logiche di collaborative advantaged piuttosto che competitive advantaged, qui il professor Verga è fonte di notevoli spunti e riflessioni.
In pratica un approccio umanistico nel senso di unire l’uso dei dati con un metodo scientifico e i bisogni umani che permettono di essere più felici e motivati. Sperimentazione ed ibridazione dei saperi. Il metodo scientifico l’abbiamo inventato noi italiano con Galileo, usiamo per decidere la direzione da dare alla nostra società e aziende. Noi siamo classe dirigente di un grande Paese e possiamo subire l’innovazione o gestirla con uno spirito rivoluzionario e curioso che sposi etica ed innovazione, business e superamento della discriminazione.
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