Questo articolo ha lo scopo di fornire degli spunti per capire il sistema di tassazione di un lavoratore a distanza (remote working) con sedi negli Stati Uniti e in generale fuori l’Unione Europea. In particolare questo articolo è pensato per risponder ad alcune domande che mi sono state poste qui su LinkedIn dagli utenti. Da qui l’idea di dare delle indicazioni per chi voglia avviare una propria parte della vita lavorativa all’esterno, fuori dall’Europa (nel caso in Europa recuperate l’articolo sulla tassazione europea qui). Prosegue dunque la nostra piccola rubrica sull’innovazione digitale e HR nelle aziende curata da me e collega HR Francesco Sessa Bellucci.

Pillole sul sistema di tassazione in USA

Il sistema fiscale negli USA è rigido,infatti si rischia la galera come pena per l’evasione fiscale. “L’importanza della tassazione è contemplata all’interno XVI emendamento della Costituzione, ed è vista come un vero e proprio senso di appartenenza alla nazione.”(qui).

Per calcolare le tasse è necessario rivolgersi ad un commercialista per prevenire errori, come avviene in Italia. Il professionista compila al posto del cliente il modulo delle tasse e il cittadino paga.

Il sistema generale di tassazione negli Stati Uniti è uno dei più progressivi al mondo. Progressività è presente anche nel nostro sistema di tasse italiano, seppur mai in limitate circostanze. Le tasse infatti sono diverse a seconda del reddito posseduto da un soggetto fisico o giuridico e della sua capacità contributiva.” Il metodo di tassazione essendo progressivo , da vita ad un livello di reddituale più omogeneo possibile, e allo stesso tempo garantisce che i più poveri riescano a contribuire alla res pubblica comunque, ma in maniera ridotta. ” (qui, de Moraes e Castro p.229).

Un passaggio da capire è la questione di cosa cambi se una persona sia residente o meno nel territorio in cui agisce. Infatti “L’imposta negli USA grava sia sulle persone fisiche che sulle persone giuridiche, e visto che ci troviamo di fronte ad un particolare sistema statale, le tasse colpiscono il cittadino residente.” (qui).

Il fisco americano è gestito da un ente chiamato IRS, che controlla l’effettivo pagamento o meno da parte di un individuo o una azienda. Quindi sia persone fisiche che giuridiche sono obbligati a pagarle e sono soggette a questa imposizione negli USA.

Il pagamento delle tasse deriva dagli importi fatturati

In caso di errore sul pagamento, commesso dall’istituto che si occupa di gestire le entrate, allora il cittadino può presentare un reclamo che può portare al rimborso dell’importo in caso di vittoria del reclamo.

Inoltre, negli Stati Uniti esiste anche la Sales Tax avente delle scadenze mensili, trimestrali oppure con cadenza annuale e il pagamento delle tasse deriva dagli importi fatturati. La fase di dichiarazione dei redditi può cambiare da “Stato” a “Stato” (inteso come Stati statunitensi che formano poi la Federazione USA) con delle linea guide generali del livello Federale.

Per citare qualche caso, ad esempio in California, Ohio e Florida,  è necessario presentare il fatturato che è stato pagato con la carta di credito, in modo che possa essere fatto un controllo incrociato tra le entrate e le uscite di danaro.

Lavoratori in remoto dall’Italia e USA: come funziona?

Per capire bene un tema, bisogna porre delle domande sensate. Individuiamo 3 domande a cui proviamo a dare una risposta (seppur assolutamente non esaustiva della materia, in continua evoluzione) per avere una visione d’insieme per i tecnici (HR, commercialisti, Consulenti del lavoro ecc.) e i lavoratori in remoto.

1 Quali sono i criteri di territorialità per il lavoro da casa e da remoto svolto per un committente estero?

2 Come cambiano questi criteri in caso di svolgimento di lavoro dipendente o di lavoro autonomo?

3 In una situazione inversa, ossia un lavoro in Italia da parte di un soggetto estero per conto di un’azienda italiana?

4 Come devono essere gestite le prestazioni di lavoro svolte da casa per conto di un committente estero?

La risposta a queste domande è legata essenzialmente al criterio di territorialità applicabile a queste prestazioni.

Oggi è, infatti, tecnicamente possibile effettuare molte prestazioni a distanza in modo tale che non si comprenda, ne si conosca la localizzazione precisa e specifica di chi sta svolgendo una prestazione lavorativa. “Per cui vi sono molte situazioni in cui la sede di lavoro o si trova in uno Stato (o tranquillamente in un continente) diverso da quello del committente o datore di lavoro, o è totalmente rappresentata dalla casa di abitazione della persona che risiede in un Paese diverso da quello del committente”(qui).

Primo passaggio è comprendere se i criteri di territorialità, per quanto concerne la tassazione del reddito, siano o meno identici tra il lavoro dipendente e quello autonomo.

Vediamo, quindi, i diversi risvolti fiscali legati alla tassazione del lavoro da casa in caso di committente estero. In questo caso valgono le regole dei Membri dell’OCSE, essenzialmente quasi tutti gli Stati sviluppati (forse eccezione rilevante sono solo gli Emirati Arabi).

“Nel contesto delle Convenzioni conformi al modello OCSE, sia per i redditi di lavoro dipendente che per quelli di lavoro autonomo vige il principio per cui, pur essendo soggetta a tassazione la persona nel proprio Stato di residenza, questa è soggetta al potere di tassazione anche dello Stato in cui viene svolta l’attività, ma alla condizione che risulti sufficientemente stabile”(qui).

Ignoriamo i casi particolari, come: piloti e assistenti di volo, insegnanti e ricercatori, artisti e sportivi. Il carattere di stabilità si presume per i lavoratori dipendenti (privati) in virtù dalla presenza fisica della persona in quel luogo per almeno 183 giorni, e invece per i lavoratori autonomi, in virtù della presenza di una stabile organizzazione o base fissa.

Non segue questa logica il lavoro statale presso forze straniere. Il mondo del lavoro statale si rifà a logiche diverse. “Infatti, essendo di regola lo Stato che paga gli stipendi al lavoratore ad avere il potere esclusivo di tassare gli stessi (potere che, quindi, è sottratto allo Stato di residenza del lavoratore)”(qui).

Il lavoro autonomo svolto da casa, questo è disciplinato dai paragrafi 18 e 19 del Commentario all’articolo 5 del modello OCSE.

La norma afferma che la qualifica di stabile organizzazione della casa di abitazione adibita, anche solo in parte, ad ufficio deve essere valutata caso per caso.

Ad esempio, se ipotizziamo il caso di un/una consulente italiano che risiede in uno Stato estero per un periodo di tempo sufficientemente continuativo. Il/la professionista esercita la sua attività dalla casa di abitazione in uno Stato diverso da quello dell’azienda. In questo caso la casa di abitazione può anche non essere di proprietà, in quanto rappresenta la base fissa del/della consulente in cui svolge la propria attività lavorativa.

Questi criteri devono coordinarsi con le con le disposizioni interne degli Stati Membri. Si deduce ad esempio che un residente italiano sia tassato in Italia anche per le prestazioni svolte all’estero, se stabilmente si trova in Italia (articolo 3, comma 1 del TUIR). In caso opposto invece il non residente che lavora nel nostro Paese con la continuità lavorativa (ripetiamo almeno 183 giorni) sarà tassato in Italia se la prestazione sia da lavoratore dipendente che da lavoratore autonomo (articolo 23, comma 1 lettere c) e d) del TUIR).

Esempi e casi di studio sulla tassazione

Dunque nel caso di prestazioni rese “da remoto” in Italia verso aziende estere da parte di una persona residente in Italia si prevede che quella prestazione sia tassata in Italia sia per il lavoro dipendente che per il lavoro autonomo. Al contrario non esiste tassazione nell’altro Stato, secondo le previsioni degli articoli 7 e 15 del modello OCSE. Invece se la persona è un non residente, la prestazione è tassata all’estero.

In entrambi gli Stati nel caso del lavoro autonomo in Italia esisterebbe, come detto, una base fissa, rappresentata dalla casa di abitazione, e quindi si avrebbe tassazione concorrente anche nello Stato di residenza fiscale.

Per i lavoratori subordinati la tassazione in entrambi gli Stati vi è solo se la presenza della persona in Italia vada oltre i 183 giorni. “Infatti, per il lavoro dipendente prestato per un periodo non superiore a 183 giorni, quindi, solo lo Stato estero ha il potere di assoggettare a tassazione il reddito. ” (qui)  Per approfondire vedere paragrafo 2 dell’articolo 15 del modello OCSE.

Immaginiamo ora una prestazione è resa “da remoto” in uno Stato estero a favore di committenti italiani. Se il lavoratore autonomo è residente in Italia, la prestazione è tassata in entrambi gli Stati, tant’è che nell’altro Stato esiste la base fissa rappresentata proprio dalla casa di abitazione.

Per le prestazioni di lavoro dipendente invece la tassazione in entrambi gli Stati è prevista solo se la presenza della persona nell’altro Stato eccede i 183 giorni.

E dunque, a norma dell’articolo 15 del modello OCSEse la persona è un non residente, la prestazione è tassata solo nello Stato estero sia in caso di lavoro autonomo sia dipendente.

Tuttavia, comunque, resta complesso dimostrare lo svolgimento, o non svolgimento, dell’attività per un tempo predeterminato. Infatti spesso la prestazione lavorativa prevista dalla modalità da remoto, è basata sui risultati (modello di lavoro basato su kpi ed obiettivi, non sul tempo). Dunque essa è slegata anche dai tempi di realizzazione, in quanto lo smart working è previsto per fasi, cicli ed obiettivi e per una maggiore conciliazione vita-lavoro.

In queste situazioni, se possibile, è opportuno precostituirsi mezzi di prova, per evitare contestazioni ex post per valutare l’esatto periodo in cui la prestazione è effettuata. Sotto questo punto di vista le varie tracce digitali possono essere essenziali nel misurare le performance.