Questo è un articolo scritto con il mio collega Hr Matteo Cafiero, nasce da riflessioni sul lavoro in remoto e il fenomeno della fuga dei cervelli.

L’ultimo rapporto stilato dalla Fondazione Migrantes sull’emigrazione (qui) mette in evidenza che al 2019 il numero di italiani residenti all’estero e iscritto all’AIRE è pari a 5,3 milioni. Le principali mete dell’emigrazione italiana risultano essere: Argentina, Germania e Svizzera.

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Migrazione italiana una criticità storica

Il fenomeno dell’emigrazione è molto antico ed è collegato alla ricerca, da parte dell’essere umano, di migliori condizioni che possano favorire la sua evoluzione personale e, oggi, anche professionale.

Nonostante oggi viviamo in un mondo ricco di opportunità, i giovani ma anche molti adulti e finanche famiglie restano comunque pervase da quel senso di insoddisfazione della vita che si conduce nel proprio Paese d’origine e che culmina con la decisione di “andare via”. 

Ma se oggi, come abbiamo detto, le opportunità pullulano da tutte la parti, come mai si continua ad avere ancora questa visione negativa della realtà circostante, così che l’andare all’estero si pone quasi come scelta obbligata?

Vito Verrastro ricorda in Generazione Boomerang, “molte decisioni sono dettate da uno sconforto che nasce in famiglia e si alimenta a scuola. Spesso dalla famiglia, dalla scuola e dall’ambiente circostante arriva il messaggio che tutto è difficile e che è meglio volare basso e accontentarsi oppure emigrare”.

Insomma, una sorta di pessimismo leopardiano permea la nostra società legato ad una ignoranza della realtà in cui viviamo alimentata spesso anche da stereotipi culturali del passato che oggi non hanno più ragione d’esistere.

Di questo ne troviamo traccia in “Emergency Exit. Young italians abroad”, documentario presentato nel 2014 al Parlamento Europeo e che offre uno spaccato di vita e di pensiero di molti italiani che hanno lasciato il Bel Paese in cerca dell’El Dorado europeo o extra-europeo. (qui)

Lo si nota anche nel lavoro di recruiter quando, alla domanda “avevi già pensato di andare a lavorare all’estero?”, la risposta che arriva è sempre la stessa: “si, perché sapevo già dai tempi dell’università che questa sarebbe stata una scelta obbligata”. Risposta data spesso a prescindere che si tratti di un laureato in Statistica o in Storia.

Occorre ovviamente anche precisare che, oggettivamente, vi sono categorie di lavoratori per i quali il nostro Paese non offre opportunità. Questo aspetto è in generale normale. Ogni Paese ha delle vocazioni e specializzazioni, dunque è normale che alcuni settori siano meno ampi e abbiano bisogno di meno figure specializzate. Inoltre c’è anche la questione del lavoro pubblico che vive ormai di stereotipi, il posto fisso infatti è sempre meno raggiungibile e maggiormente inopportuno. Molto lontano da quell’oasi stereotipata del “Non faccio nulla”, anzi sempre più lavoro di chi vive con il personale che si riduce (qui una riflessione su quando fare i concorsi pubblici). Questo soprattutto negli uffici a contatto con il pubblico e nell’ambito sanitario.

Per queste categorie di professionisti è evidente che, se vogliono lavorare dopo aver concluso gli studi, allora maggiori opportunità si hanno proponendosi a Paesi dove il concetto di concorso per lavorare negli ospedali pubblici non esiste. Così in Germania come in Svizzera e in altri Paesi europei ed extra europei.

Per altre categorie di lavoratori, che non accettano di lavorare a condizioni definite “umilianti”, la fuga all’estero, nel 2020, non deve più necessariamente essere “reale”; può ben convertirsi in una fuga 2.0, cioè virtuale.

Remote working, una soluzione alla fuga dei cervelli

Voglio qui introdurre il concetto di remote working, ossia lavoro da remoto che permette ad una persona di lavorare per aziende ubicate all’estero pur restando fisicamente nel proprio Paese. Una fuga di cervelli, insomma, “virtuale”.

A tutti gli effetti si è capito che la presenza fisica in un territorio non implica che anche il lavoro debba trovarsi in quell’area. Questa rivoluzione è stata possibile grazie ad alcune evoluzioni recenti già avvenute nel secolo scorso. In primis il fatto che l’economia di oggi è essenzialmente quella dei servizi, questo significa che pesa almeno il 60% del PIL dei Paesi avanzati. Questo aspetto implica che i lavori siano nei servizi e quindi facilmente digitalizzabili ed erogabili a distanza. Altro aspetto è lo sviluppo della tecnologia e la diffusione di device tecnologici (pc, smartphone, tablet ecc) e connessioni internet.

Dove trovare lavoro in remoto?

Visto che ci piace essere pragmatici e se siete arrivati a questo punto è probabile che possa essere utile capire dove trovare lavoro in remoto. Ecco qui una carrellata di spunti:

  1.  Indeed (link:1 qui, 2 qui, 3 qui, 4 qui);
  2. Carrerjet (1 qui e 2 qui 3 qui);
  3. InfoJobs (1 qui; 2 qui, 3 qui);
  4. Monster (1 qui, 2 qui, 3 qui);
  5. Jobbydoo (1 qui, 2 qui, 3 qui); 
  6. FlexJobs;
  7. Twago (qui), lingua italiana;
  8. Add Lance (qui), lingua italiana;
  9. BeyongTheBox (qui), lingua italiana (qui si inseriscono le proprie competenze e le aziende ti scelgono in base ai progetti che stanno portando avanti, una modalità più etica) (in un commento trovate maggiori info); Circa questo sito ho scritto un articolo per descrivere la loro attività qui per chi volesse approfondire.
  10. Remotive , lingua inglese;
  11. Remote.co , lingua inglese;
  12. Freelancer.com , lingua inglese;
  13. Up Work , lingua inglese;
  14. We Work Remotely , lingua inglese;
  15. Fiverr , lingua inglese;
  16. No Bluff Jobs , lingua inglese;
  17. Remote ok , lingua inglese;
  18. Skip the Drive , lingua inglese;
  19. Pangian , lingua inglese;
  20. Angel List , lingua inglese;
  21. Power to the fly , lingua inglese.

Come si può constatare, la conoscenza della lingua inglese permette di avere accesso ad un più ampio ventaglio di opportunità. E allora ritorniamo, a mo’ di conclusione, alla più volte rimarcata importanza della formazione continua, anche nell’apprendimento di una lingua straniera. Oggi giorno la padronanza di una seconda lingua, oltre a quella madre, può fare la differenza e rivelarsi proprio il vostro elemento vincente. Come spesso si suole dire “chi non si forma, si ferma”. Questo principio è universalmente valido sia che tu scelga di restare in Italia che di fuggire all’estero.